Il 25 settembre 2022 l’Italia torna al voto. Ma anche questa volta sarà tutt’altro che un suffragio universale: migliaia di persone saranno discriminate in quanto transgender. Ecco cosa sta accadendo e cosa chiede la campagna “Io sono io voto”

Il 25 settembre l’Italia torna a votare per le elezioni politiche. Sono circa 50 milioni gli elettori, tra loro ci sono anche migliaia di persone transgender e non binarie che rinunceranno a esercitare un diritto previsto dalla Costituzione o andranno a votare rischiando di dover fare un coming out forzato, esponendosi a discriminazione, violenza e ostilità.
Il motivo? In base a una legge del 1967 le liste elettorali sono suddivise per genere e nei seggi, di solito, ci sono file separate per uomini e donne. Un sistema che può rappresentare un ostacolo per le persone i cui documenti non corrispondono alla propria identità, come le persone transgender i cui documenti non sono ancora stati rettificati.

Va ricordato, infatti, che la sentenza del tribunale che autorizza la rettifica anagrafica sui documenti  per chi ha intrapreso un percorso di affermazione del genere (disciplinato dalla legge 164 del 1982) arriva dopo un lungo iter burocratico e, nel frattempo, può esserci una discrepanza tra l’aspetto della persona e il nome indicato sui documenti.

Italia al voto: nel 2022 sarà davvero un suffragio universale?

Le testimonianze di chi è andato a votare e ha dovuto fare coming out davanti a tutti sono moltissime. Lo raccontano le associazioni che tutelano i diritti delle persone Lgbti. Così come numerose sono quelle di chi, al contrario, ha scelto di non andarci per evitare situazioni di questo tipo.

«Non so dare una percentuale, ma posso dire per esperienza diretta con l’utenza che quasi tutte le persone transgender o gender non conformi raccontano storie simili. Alcune si sono organizzate per andare a votare molto presto o molto tardi in modo da non trovare troppa gente al seggio. Altre non ci vanno», racconta Giovanni Papalia del Sat Pink Verona-Padova-Rovigo.

Anche negli incontri di socializzazione di Gruppo Trans a Bologna il tema del diritto al voto è emerso con forza. Lo spiega Christian Leonardo Cristalli, presidente dell’associazione:

«C’è chi si è sentito dire di aver sbagliato fila ed è stato costretto a spiegare, davanti a tutti. Altri hanno detto di non andare volentieri a votare perché sanno già che saranno osservati, che dovranno posizionarsi nella fila corrispondente al sesso indicato sui documenti e non in quella che corrisponde alla propria identità. Da lì è nata l’idea di una campagna per garantire il diritto di voto».

La campagna “Io sono io voto” in vista delle elezioni del 25 settembre

Seggi accessibili, inclusivi e rispettosi per le identità trans. È quello che chiedono le associazioni che hanno promosso la campagna nazionale Io sono io voto. Lanciata nel 2017 dal Gruppo Trans di Bologna, la campagna chiede al ministero degli Interni e alla presidenza del Consiglio dei ministri di cambiare le procedure di voto previste dall’articolo 5 del Dpr 223/1967 perché le liste elettorali distinte per uomini e donne rappresentano un limite all’esercizio del diritto di voto per le persone transgender e non binarie.

Nel 2020, in occasione del referendum costituzionale e delle elezioni, è iniziata una raccolta di firme per garantire l’accessibilità al voto così come previsto dall’articolo 48 della Costituzione, finora ne sono state raccolte 4.500. Una possibilità è scegliere l’ordine alfabetico per gli elenchi elettorali, garantendo l’identità personale e la privacy.

«Le firme sono state consegnate alla ministra degli Interni Lamorgese, che non ha mai risposto», dice Cristalli.

Fonte: osservatoriodiritti.it
di Laura Pasotti